Paul Hletko e gli alambicchi sospesi nel tempo

Non so quanti di voi abbiano assistito a quell’evento davvero epocale che è stato la prima Conferenza sul Craft Distilling del 27 Ottobre scorso. Io, personalmente, sto prendendo un po’ di tempo ogni tanto, pur avendola seguita in diretta, per ascoltare con attenzione i singoli interventi, ed è materiale fantastico per chi è appassionato di spirits, tra l’altro a disposizione in forma integrale ed arricchito da tanti contenuti extra davvero preziosi.

Tra i tanti personaggi, e le storie vive che hanno portato con sè, ho riascoltato con grande piacere l’intervento di Paul Hletko, founder e master distiller di Few Spirits, Chicago, e già presidente della American Craft Spirits Association: un personaggio illuminante, portavoce di una cultura della distillazione “grain to glass”, come la definisce lui stesso, che parla di terroir e di personalità cosciente dello spirito, non di semplice “processazione dell’alcol”: questa è, se ce mai ne fosse bisogno, la vera definizione di quello che durante la conferenza si è cercato di raccontare come “craft”, artigianale.

Few Spirits ha 9 anni, ed è partita in punta di piedi, ma, adesso, è distribuita in 50 paesi al mondo, e questo modo di lavorare oggi li premia: una piccola realtà che si potrebbe paragonare ad un vigneron “Tripla A”, che non perde mai d’occhio nessuna tappa del proprio processo produttivo, e svolge tutto da se’ ed in modo indipendente, con uno sguardo assoluto alla qualità di ciò che alla fine arriva nel bicchiere, molto più che al denaro.

Un processo trasparente e riconoscibile, tanto che alla domanda diretta: “Che cosa è “craft” per te?” posta dal buon Davide Terziotti, la risposta di Paul è stata emblematica ed altrettanto senza ombre, quasi un ritratto a puntasecca su un foglio bianco: “Come si fa a riconoscere la pornografia? Vedendola. Ecco, nello stesso modo si riconosce ciò che è craft: vedendolo”. Si deve lasciar decidere al Consumatore, è lui che del resto paga per ciò che ha nel bicchiere: il “craft” ha anche questo grande, enorme pregio, rispetto ad una produzione industriale, è il consumatore il centro di tutto, l’attore principale, colui che decide, ed il contatto con il produttore è finalmente possibile: insomma, il “craft” ha il potere di spiazzare il mercato, di cambiarne le vecchie regole, per questo è il futuro.

Certo, il livello di competizione, sia negli Stati Uniti, che, sicuramente tra qualche anno, in Italia, se quanto è stato seminato il 27 Ottobre darà i suoi frutti, farà in modo che il craft cambi comunque, ed abbia necessità di statuti e paletti, per difendere la bontà di un processo e distinguerla dal resto: i numeri alti, spiega Paul, costringono a prendere decisioni, ma l’importante è tenere a mente la pulizia di quei principi di artigianalità e qualità che sono stati il primo motore.

Mentre Paul parla, traspare, netto, un forte coinvolgimento: i suoi occhi brillano, e le sue mani narrano emozione ed urgenza di far conoscere, di trasmettere a noi un messaggio per lui fondamentale, ricevuto in eredità da suo nonno, birraio nella Repubblica Ceca prima della seconda guerra mondiale, che perse tutto, compresa la sua famiglia, a causa del regime nazista: una storia familiare che mi colpisce e mi è vicina, un sapere artigianale che, grazie a Paul, è giunto a noi, senza che il male del mondo lo scalfisse, pura metafora di ciò che è, davvero la distillazione: il potere di far vivere in eterno l’essenza della materia distillata, nel miglior modo possibile, a dispetto del tempo e delle circostanze.

La storia della famiglia di Paul è quella di tante famiglie dell’europa dell’est, che della birrificazione e della distillazione domestica allora vivevano: quegli “alambicchi sospesi” nelle vicende collettive e personali, in alcuni casi fortunati, come è questo, oggi possono continuare a narrare i loro racconti.

Paul spiega con grande cognizione di causa come la prima cosa, per far continuare la sua storia familiare, darle un esito, sia stato chiedere la licenza per cominciare a distillare, che è solo una delle grandi sfide che si presentano: ci vuole una buona dose di volontà, oltre che intraprendenza, ma alla fine si viene premiati proprio dal mercato, che è diversissimo tra Italia e Stati Uniti, certo, ma alla base bisogna sempre aver chiara la propria direzione, e le regole del gioco.

Molte distillerie aprono, ma chiudono poco dopo negli States, perchè per i piccoli il mercato è un mare difficile e vorace, si sa, per questo è importante non solo cercare di occuparne per primi una fetta apparentemente libera, quando si inizia, ma lavorare insieme agli altri in vista di un bene comune, fare in modo di “alzare la marea perchè tutte le imbarcazioni vadano verso l’alto”: la crescita deve far bene a tutti, ed è il messaggio che cerca di far passare da quando era presidente della American Craft Spirits Association, e che, dice, anche in Italia dovremmo cercare di mettere in pratica sin dall’inizio, per partire davvero col piede giusto: messaggio di collaborazione che il team di Distillerie.it ha colto in pieno, con la conferenza e l’offerta di supporto alle nuove realtà che hanno in animo di mettersi in quest’avventura.

Che siate semplicemente curiosi o appassionati, o abbiate davvero intenzione di intraprendere un’attività di distillazione, quando avete un po’ di tempo, andate su craftdistilling.it e ascoltate, o riascoltate, le parole di Paul: in retrospettiva, danno un valore enorme a tutti gli altri interventi di quella giornata memorabile.

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