Nature is a Shaman – Benoit Marguet e la biodinamica

“Votre vision ne devient claire que lorsque vous pouvez regarder dans votre cœur. Celui qui regarde à l’extérieur rêve. Celui qui regarde à l’intérieur s’éveille.”

Carl Jung

Così recita il manifesto programmatico posto sulla main page del sito web di uno dei nuovi miti della Champagne, Benoit Marguet, fautore della biodynamie estrema, che si colloca direttamente tra i fedeli discepoli di Beaufort: quasi nove ettari vitati, vigne dall’età media di 42 anni che affondano le radici profondamente nel gesso secolare di Ambonnay, allevate a cavallo (il benessere del suolo è una priorità, ed il cavallo è in relazione con 3 elementi del terroir: minerale – gesso – vegetale – vite – e animale – fauna, uomo), e curate con composti organici, tisane e infusi. Dal 2012, a seguito di una successione ereditaria, si aggiudica le migliori parcelle, quelle più estese, in cui fare biodinamica ha davvero senso (si scartano i primi due filari da un lato e dall’altro), e guadagna tanti lieux dits notevoli: Les Saints Remys, Les Beurys, Les Crayères, La Grande Ruelle, Les Bermonts, Le Parc.

Questo è credo, come si può capire: nulla ha a che vedere con i certificati, con buona pace delle autorità, ma piuttosto deriva dall’integrità e dalla convinzione. La stessa cura è riservata alle operazioni di raccolta dell’uva: non si coglie nulla che non abbia senso di esser colto, ed in seguito, in cantina, si evitano pompaggi e travasi, si effettua solo filtraggio a peso, mentre la fermentazione avviene esclusivamente in legno, con ceppi di lieviti indigeni. La malolattica è svolta per scelta (serve a tener basso anche il tenore di SO2 – sotto i 25 totali – oltre a temperare la forza di Ambonnay). Tutti gli champagne, dalle cuvée (Shaman), ai Crus, ai Lieux-Dits, sono volutamente privi di dosage, nessuna liqueur d’expedition viene utilizzata, quindi il rabbocco è effettuato con gli stessi vini, a scapito della quantità.

Ho degustato per voi una cuvée, Shaman 15, uve dal solo Grand Cru di Ambonnay, blend di 67% di Pinot Nero e 33% Chardonnay, imbottigliato a Luglio 2016 e degorgiato a Dicembre 2018, ovviamente non dosato: la base è, come dice l’etichetta, la vendemmia 2015, ma sono stati utilizzati un 15% di vins de réserve.

E’ stato degustato ad una temperatura attorno ai 10 gradi, che è sembrata ideale per cogliere più sfumature possibile, in un bicchiere sufficientemente ampio: il colore è molto luminoso, un giallo paglierino animato da mille pagliuzze dorate, ed il perlage è centrale, molto fine, continuo, fittissimo.

Il naso è inizialmente un po’ serrato, descrive il gesso e le erbe spontanee del territorio, poi, gradualmente, il calice rilascia la frutta gialla e aspra, gli agrumi, le scorze d’arancia candite, un pizzico di fumo. Il palato è verticale, pulitissimo, elegante, tutto giocato sulle note dell’agrume e del sale, rivelando il suo corpo cremoso con lentezza e precisione. Un vino molto lungo, con una piacevole, rinfrescante retrolfattiva di erbe aromatiche.

Il terroir potente di Ambonnay è, qui, reso comprensibile, e dominato da uno stile preciso: mi è capitato di poter assaggiare un lieux-dit di Benoit, Les Crayeres, che ho trovato affascinante ma meno “indovinato”, per quella forza non sufficientemente “tradotta” in eleganza, ed il costo forse un po’ alto.

Shaman è un piccolo gioiello dal prezzo assolutamente fair, di facile reperibilità, che vi suggerisco di provare su un piatto di pesce condito o, perché no, su un primo piatto, non necessariamente al pesce: la tempra salina ed agrumata del vino é in grado di tener testa senza problemi anche ad una pasta alla gricia.

Santé.

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